Perché un gelato o una pizza o una fetta di torta sono definiti “sgarri” se fanno naturalmente parte di un’alimentazione sana ed equilibrata? Quando l’atteggiamento di evitamento ossessivo di uno “sgarro” può trasformarsi in un disturbo alimentare con conseguente compromissione della qualità della vita? In questo articolo scritto a quattro mani da me, biologa nutrizionista, e dalla dottoressa Maria Emilia Alicò, psicoterapeuta, affronteremo un tema molto sentito da tutti (sia a dieta che non): quanto è impattante sulle nostre vite “lo sgarro”?
Non esistono cibi giusti o sbagliati
Mangiare con naturalezza è sempre più difficile. Siamo continuamente bombardati da mille informazioni salutiste che classificano gli alimenti in “giusti” e sbagliati”. Nessun alimento può essere considerato a priori migliore o peggiore se non lo si contestualizza per quantità e frequenza di consumo. L’aumento di peso dipende (principalmente) da quanto cibo ingeriamo. Se il bilancio energetico non è equilibrato e si introducono più energie di quante se ne consumano, ingrasseremo. Ma non sarà certo il pezzettino di cioccolato in più, la pizza fuori, l’hamburger con gli amici a compromettere il nostro stile alimentare se nel complesso la nostra dieta è bilanciata e non abbiamo altre problematiche (patologie, disturbi metabolici) che stiamo trascurando.
Così la cura dell’alimentazione diventa una buona pratica quotidiana necessaria per un salutare stile di vita e soltanto un’eccessiva frequenza dei cosiddetti “sgarri” potrebbe mettere a rischio la nostra salute. Per alimentazione bilanciata o equilibrata si intende infatti un modo di alimentarsi corretto sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, con la finalità di garantire un apporto adeguato di energia e di nutrienti, prevenendo sia carenze che eccessi nutrizionali (entrambi dannosi). Non esistono cibi “sbagliati” in assoluto, ma solo diete o modi di alimentarsi scorretti. Nelle giuste quantità si può introdurre qualsiasi alimento nella dieta e per “giuste quantità” significa che si può mangiare la propria pizza preferita, ma non se ne possono divorare tre in una sera.
La dieta non è privazione ma modo di vivere
La parola dieta non significa “privazione” ma modo di vivere. Per prima cosa dunque impariamo a chiamare i cibi che ci piacciono di più con il loro nome e non come “sgarro”: il nostro dolce preferito è “un dolce” non uno sgarro, le patatine sono “patatine” non uno sgarro. Informarci su cosa fa bene alla nostra salute e cosa no ci rende consapevoli e ci aiuta a calibrare meglio l’assunzione dei cibi durante la giornata. Questo concetto però non deve essere esasperato e non ci deve portare a “demonizzare” un cibo o un altro.
Mangia ciò che più ti piace e segui alcuni consigli
Qui si va controcorrente dunque. Per questo non proporremo alimenti alternativi per evitare il cibo che ti piace di più (che non chiameremo sgarro) come per esempio il dolce senza zucchero, la frutta con spolverata di cannella o cioccolato (che è buonissima, ma magari non rientra esattamente in quello che ti fa più gola) ma vi daremo due consigli pratici:
- Consuma quando ne hai voglia il cibo che ti piace di più. Per esempio se ami la crema al cioccolato per merenda mangiane un cucchiaino con una fetta di pane al posto della soluzione proposta. Con l’aiuto del tuo nutrizionista riequilibrerai la quantità di nutrienti negli altri pasti.
- Non pesarti in modo ossessivo tutti i giorni. Durante la giornata il peso può subire piccole le oscillazioni che sono spesso temporanee e fittizie. Collegarle a quello che si è appena mangiato non sempre ci rivela la verità dei fatti.
Quando mangi qualcosa di buono allora goditelo e non sentirti in colpa. Recupererai in modo sano (senza che questo comporti inutili digiuni di chissà quale tipo) al pasto successivo. Ricorda inoltre che più ti privi di un cibo più lo desideri alimentando in te un senso di frustrazione che prima o poi ti porterà a cedere e ad abbandonare il progetto. Se soffri di alcune patologie come colesterolo alto, trigliceridi, pressione alta, diabete o altro, sarà compito del tuo nutrizionista dirti le frequenze e la quantità di ciò che puoi mangiare ma mai evitare in modo assoluto un alimento.
Il segreto di una dieta sostenibile che dura a lungo
Una dieta per essere sostenibile deve essere sostenuta a lungo. Il paziente deve acquisirla non come un programma restrittivo ma come stile di vita. Più alimenti vengono proibiti più non sarai in grado di gestirli. Eccessive privazioni ci fanno perdere la capacità di ascoltare i messaggi del nostro corpo: “sei sazio? Non lo so, so solo che avrei voluto tre pizze”: ma realmente se avessi potuto avresti mangiato tre pizze? Probabilmente no. Ti senti continuamente a dieta ma poi la dieta non la fai e “sgarri” e ti senti in colpa. Un circolo vizioso deleterio. Molto spesso quando sono a pranzo o a cena fuori assisto a scene in cui i commensali non scelgono quello che gli piace di più ma quello che (loro) credono impatti meno sulla linea. Ma varrà davvero la pena? Ricorda sempre, lo ripeteremo all’infinito: non esistono cibi sbagliati ma diete sbagliate.
L’impatto di uno “sgarro” sulla mente
Che impatto ha tutto questo da un punto di vista psicologico? Se si “sgarra” in maniera consapevole, è proprio quella pizza che potrebbe dare la spinta per continuare un’alimentazione sana ed equilibrata e ci sono almeno tre buoni motivi per sostenere questa tesi:
- Per ragioni sociali: se la dieta costringe ad evitare serate fuori con gli amici, feste di compleanno o qualsiasi altra occasione sociale e relazionale, dovrebbe essere riconsiderata.
- Per ragioni psicologiche: la rinuncia costante a cibi gustosi porta ad abbassare le motivazioni, mentre al contrario, se inserito all’interno del piano alimentare settimanale, uno “sgarro” permetterà di mantenere la giusta costanza durante il processo di dimagrimento.
- Per prolungare la dieta: dieta significa alimentazione sana, equilibrata e soprattutto sostenibile e per “sostenibile” si intende che è possibile mantenerla a lungo.
Uno sfizio o uno “sgarro” di tanto in tanto aiuteranno a mangiare in modo più corretto negli altri giorni. E’ fondamentale modificare la propria prospettiva nei confronti di una dieta che dovrebbe semmai diventare uno stile di vita. Questo consentirà non soltanto di mangiare di più e godere delle cose che ci piacciono, salvaguardando in questo modo la nostra qualità della vita, ma anche di non compromettere il processo di dimagrimento.
Il fanatismo alimentare: quando il cibo diventa un’ossessione
Nella sua manifestazione più grave, un’eccessiva attenzione per quello che si mangia può diventare una vera e propria ossessione con un occhio esagerato per la dieta e per la scelta di alimenti sani e “puri”. Il cibo diviene così il focus centrale dell’esistenza del soggetto e quest’ultimo finisce con il passare gran parte del suo tempo in una ruminazione ossessiva su di esso, continuamente alle prese con sensi di colpa. A questo punto si potrebbe parlare di “ortoressia”, dal greco ‘orthos’ (corretto) e ‘orexis’ (appetito), che indica una selezione ossessiva e maniacale degli alimenti assunti.
Il DSM 5 non parla esattamente di ortoressia ma, in senso più ampio, di disturbo evitante – restrittivo dell’assunzione di cibo. A differenza di altri disturbi dell’alimentazione l’ortoressia si caratterizza per l’accento posto dalla persona non soltanto sulla quantità, ma anche sulla qualità di ciò che mangia e il problema non è più soltanto la paura di ingrassare, ma il desiderio di essere sani e puri. Quindi, ad essere distorta diventa non soltanto la percezione del corpo, ma quella delle proprietà del cibo che si basano spesso su credenze false e infondate (appunto i “cibi sbagliati”).
La persona con ortoressia si autoimpone regole alimentari restrittive rigidissime alle quali diventa impossibile trasgredire se non provando senso di colpa, rabbia, depressione e conseguente inasprimento delle stesse. Il soggetto, inoltre, sembra quasi completamente ignorare e disinteressarsi al gusto degli alimenti, quindi l’aspetto del piacere risulta totalmente assente nella nutrizione dell’ortoressico. Infine, anche in ambito relazionale e sociale le conseguenze sono abbastanza invalidanti, perché la persona potrebbe essere isolata o auto-isolarsi proprio per le abitudini dietetiche che si ostina a difendere ad ogni costo. Attraverso una sorta di fanatismo alimentare l’individuo cerca di raggiungere un controllo ossessivo e maniacale su di sé e un’idea di perfezione e purezza funzionale al mantenimento della propria autostima. Si instaura a questo punto un pericoloso circolo vizioso che alimenta, pur se utilizzato proprio allo scopo di placarla, l’insoddisfazione personale, rendendo così molto difficile al soggetto interromperlo e uscirne.
Come salvarsi affidandosi ad un nutrizionista o a uno psicoterapeuta
Quando ci si rende conto di essere di fronte ad un disordine alimentare di questo o altro genere è necessario contattare uno psicoterapeuta e un nutrizionista per un intervento integrato che preveda un approccio educativo sullo stile alimentare, nonché una psicoterapia finalizzata a lavorare su aspetti affettivi (la percezione, l’elaborazione e la gestione delle emozioni), cognitivi (l’autostima) e relazionali di sé.